museo-civico-urbania

Sede: Palazzo Ducale, Corso Vittorio Emanuele 23 – Urbania

Apertura:
estivo: tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00
invernale: su prenotazione
chiuso il lunedì

Informazioni:
Tel. 0722 313151
mediateca.urbania@marcheweb.com

Il Museo Civico di Urbania ha sede nel Palazzo Ducale (6.000 mq.) e fu edificato sopra una preesistente rocca appartenuta alla famiglia Brancaleoni, primi feudatari di Casteldurante, su commissione dei Duchi di Urbino della famiglia Montefeltro – Della Rovere. L’impianto generale dell’edificio fu progettato da Francesco di Giorgio Martini (1470 circa), cui spetta probabilmente il Cortile d’ Onore, composto da ventidue colonne di travertino bianco con capitelli eseguiti da Giorgio Orsini da Sebenico; l’intervento dell’architetto, scultore e pittore senese, attivo nello stesso periodo per il Palazzo Ducale di Urbino, è riscontrabile anche nella parte superiore del cortile, nella modulazione delle arcate con la piccola costa, nelle larghe cornici di arenaria e nella tettoia di pietra alla toscana. A Francesco di Giorgio si deve anche la rampa elicoidale del torrione mozzo e il secondo cortile.

Nella prima metà del XVI secolo l’architetto e scenografo ducale Girolamo Genga, allievo di Raffaello, portò profonde trasformazioni nel palazzo. A lui si debbono la scala di accesso, la Sala del Trono e l’elegante loggetta pensile che trasforma in chiave rinascimentale la parte del Palazzo affacciata sul fiume Metauro. L’operato del Genga nel Palazzo Ducale di Urbania è ricordato da Giorgio Vasari con queste parole: tutto quello che vi è di buono, viene da questo mirabile ingegno. Sempre a Girolamo Genga, spetta il rimaneggiamento del Barco, edificio a pianta quadrilatera con cortile interno voluto da Federico da Montefeltro nel 1465 come residenza di caccia; immerso nel verde il Barco, dove Torquato Tasso iniziò a scrivere l’Aminta, era raggiungibile dal Palazzo Ducale di Urbania , posto un miglio più a valle, attraverso un canale navigabile.

I Duchi di Urbino erano soliti trascorrere nel Palazzo Ducale di Urbania lunghi periodi dell’anno; Francesco Maria II Della Rovere, ultimo Duca di Urbino, visse quasi interamente il periodo della sua reggenza ad Urbania dove morì nel 1631. Qui, come in altri luoghi del Ducato urbinate, egli aveva organizzato un sistema di residenze tra cui, nella zona di Casteldurante, anche la villa Ducale di Monteberticchio. Dopo vari passaggi, pochi anni fa il Comune è diventato unico proprietario del Palazzo Ducale ed attualmente vi hanno sede: il Museo Civico e la Pinacoteca, la Biblioteca Comunale, gli Uffici dell’Assessorato alla Cultura, gli Archivi Storici del Comune e del Governo Pontificio, dei Notai e degli Istituti di Beneficienza.

Le Collezioni del Museo Civico di Urbania

Alla sua morte Francesco II Maria Della Rovere lasciava alla Comunità di Casteldurante la sua preziosa e nutrita Biblioteca, di cui facevano parte anche dipinti, disegni, incisioni, materiale calcografico e geografico. Nel 1667 per volontà del Papa Alessandro VII la biblioteca a stampa fu trasferita a Roma per costituire la Biblioteca Alessandrina (attuale Universitaria). Per non disperdere del tutto il patrimonio librario della Biblioteca durantina, il primo Vescovo di Urbania Honorato degli Honorati e il Conte Bernardino Ubaldini provvidero alla ricostituzione della Biblioteca e delle Raccolte attraverso la donazione delle loro librerie e collezioni d’arte.
Da questa duplice provenienza derivano i fondi storici e artistici della Biblioteca e del Museo.

Sulla base del materiale esistente, da diversi anni l’Amministrazione Comunale di Urbania e la Regione Marche (Servizio Beni e Attività Culturali-Centro Beni Culturali), hanno predisposto un programma di lavoro per raggiungere i seguenti obiettivi: schedatura e studio critico delle Collezioni, restauro delle opere, aggiornamento museografico, apertura di una collana dal titolo “Le Collezioni di Casteldurante dai Della Rovere agli Ubaldini”, allestimento annuale di una mostra incentrata sul restauro e l’esposizione di materiale museale.
Tra queste ricordiamo: le rassegne dedicate al restauro dell’acquaforte di Nicolas Hogemberg, padre di Francis Hogemberg, incisore dell’Atlas mercatoriano, raffigurante Il Trionfo di Carlo V del 1537 circa (1991), alle incisioni del ‘600 (1992), al restauro de Le arti per via di Annibale Carracci (1993), al nucleo di disegni di Federico Barocci, G.F. Guerrieri e D. Peruzzini (1994) e al restauro de “Le ventiquattr’ore dell’humana felicità” del bolognese Giuseppe Maria Mitelli (1995).

I dipinti
Ritratto della Contessa Ubaldini di Federico Zuccari; le Quattro Stagioni, ambito del Grechetto; opere di Domenico Peruzzini, ritratti del XVII e XVIII secolo. Nella stessa sala sono conservati i due globi di Gerardo Mercatore e il piccolo globo di Francesco De Mongenet, del 1560, forse dono del Cardinale di Urbino al nipote Francesco Maria II della Rovere, come sussidio didattico per l’apprendimento delle prime nozioni di geografia.

I disegni
La raccolta di Urbania, oltre a costituire il nucleo più importante delle Collezioni, composta da 746 disegni di età manierista, probabilmente riuniti dal Conte Federico Ubaldini nelle sue residenze tra Siena, Roma e le Marche. Un primo restauro dei disegni fu computo nel 1950 dal Gabinetto Nazionale dei Disegni e delle Stampe di Roma e in tale occasione il corpus grafico di Federico Barocci fu definito non inferiore alla maginifica serie degli Uffizi. Sono esposti attualmente circa 69 disegni di Federico Barocci, del Sassoferrato, di Taddeo e Federico Zuccari, del caravaggesco Gian Francesco Guerrieri e di Simone Cantarini, allievo pesarese di Guido Reni.

Le incisioni
Appartengono al Museo di Urbania circa mille incisioni, e anch’esse, come i disegni, furono sottoposte, nel 1950, ad un attento restauro. Tra gli autori, maestri fiamminghi del XVI e XVII secolo, nutriti dell’esperienza italiana come Martin De Vos, che lavorò con il Tintoretto; Enrico Goltzio, pittore e celebre incisore; Giovanni Breughel, figlio del più noto Pietro; Giovanni Stradano, attivo a Firenze; i Carracci, cui sono state dedicate anche delle mostre. Tra le incisioni spicca l’acquaforte composta da quaranta carte incollate una di seguito all’altra raffigurante il Trionfo di Carlo V a Bologna, dove Francesco Maria I Della Rovere fu inviato a assistere, il 24 febbraio del 1530. L’incisione di Nicolas Hogemberg esposta in uno spazio apposito e può ancora oggi essere letta di seguito, come se l’occhio dello spettatore dovesse ripercorrere il grandioso corteo.

Il patrimonio librario. Gli incunaboli e le cinquecentine
Nel Museo di Urbania sono conservati: l’edizione del 1528 del Cortegiano di Baldassar Castiglione, l’editio princeps degli Asolani di Pietro Bembo, la Commedia di Dante Alighieri del 1491 commentata da Cristoforo Landino; i Sonetti del Signor Torquato Tasso, del 1583. Ricordiamo inoltre che sia il Bembo che il Tasso furono spesso ospiti dei Duchi nella residenza del Barco. Altre pubblicazioni: edizioni di Aldo Manuzio e del Giunti, come l’Anatomia del Valverde del 1586. Alcuni testi sono delle pietre miliari per le discipline scientifiche come il libro di Corrado Von Gesser (detto Plinio della Germania) Icones animalium del 1540 e alcuni di P. Andrea Mattioli, botanico e medico personale di Ferdinando e Massimiliano II.

La ceramica di Casteldurante
Sono esposte in museo ceramiche a partire dal XIV secolo fino al XVIII secolo. Disposte in ordine cronologico, dal XIV al XVIII secolo, sono mostrate nella varietà delle forme: dai boccalini ai boccaloni, dalle ciotole alle crespine, dai bacili alle piastrelle. Numerosi i motivi decorativi, simboli delle varie botteghe locali: stemmi, fiori, festoni, foglia di quercia (famiglia Della Rovere). La gamma dei colori (verde, giallo, arancione e blu) tipica della ceramica durantina. Un tempo erano attive ad Urbania ben 40 botteghe di ceramica; con una civiltà cortigiana come sostegno, i ceramisti durantini esprimevano una sensibilità popolare che spesso traduceva in termini artistici la metamorfosi di comuni utensili.

La produzione lignea
La tradizione della scultura e lavorazione del legno antica e diffusa in tutta la zona metaurense.In particolare l’alta valle del Metauro ha prodotto artisti e artigiani le cui opere hanno abbellito gli arredi lignei e i cori delle chiese locali. Sono esposti sculture raffiguranti angeli e santi, mobili e modelli lignei tra cui il modellino di ristrutturazione del Barco (sec. XVIII).

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