museo-diocesano-urbania

Sede: via Urbano VIIIUrbania

Apertura:

invernale: su appuntamento

estivo: (giugno-settembre) dal lunedì al sabato 9-12 / 15-18

Informazioni:
Tel. 0722 312020 / 0722 319555
Cel.
347 1235586
museodiocesano@casteldurante.it – raimondo@casteldurante.it
www.urbania-casteldurante.it

Il Museo Diocesano di Urbania è situato nell’ex Palazzo Vescovile, solenne edificio che trova la sua origine nella Abbazia benedettina di S. Cristoforo del Ponte, fondata alla fine del VI secolo. Gli interventi circa il 1467 del cardinale greco Bessarione; più ancora di Mons. Ludovico Canossa dal 1513 al 1532; del cardinale Alessandro Farnese, poi papa Paolo III, nel 1532, trasformarono il palazzo abbaziale mediante l’opera di Francesco di Giorgio Martini, di Gerolamo Genga e degli scarpellini di S. Ippolito di Fossombrone in uno splendido edificio rinascimentale, quale ora si presenta. I peducci delle volte a crociera sono segnati dagli stemmi del Canossa (cane rampante con osso in bocca) e del Farnese (i gigli).

Dal 1636 al 1987 il palazzo abbaziale fu Episcopio, perché papa Urbano VIII Barberini il 19 febbraio 1636 erigeva la terra di Casteldurante a Città e l’Abbazia Nullius a Diocesi, diocesi unita nel 1987 a Urbino col titolo di Arcidiocesi di UrbinoUrbaniaSant’Angelo in Vado. Si accede al Museo attraverso un imponente portale bugnato in arenaria cinquecentesco e la nobile scala, dominata dal moderno bassorilievo in ceramica raffigurante “La Vergine”, opera di C. Vanni e L. Sguanci del 1954. Il Museo è articolato in varie sezioni, con la preoccupazione di non turbare la storia, l’arte e la funzione di abbazia-vescovado.

  1. Sala Lapidario: serve di accesso al Museo e al Piano Superiore dove hanno sede la Biblioteca ecclesiastica e gli Archivi diocesani. Sulle pareti sono esposti i reperti archeologici locali di età romana, la collezione epigrafica di lapidi cimiteriali del II secolo d.C., provenienti in buona parte dal cimitero di Calepodio in Roma, che il conte Alessandro Matterozzi Brancaleoni era riuscito a raccogliere nella metà del 700 e l’ultima discendente contessa Anna Matterozzi Brancaleoni vedova Filippi ha donato nel 1919 al Capitolo Cattedrale; reperti romanici di portali della chiesa abbaziale; i due grandi capitelli con le basi, del 1282, che componevano il primo portale della chiesa gotica di S. Francesco. Vi si conservano antiche campane, fra cui la più importante fusa circa il 1250 da “mastro Vincenzo” per la pieve di S. Alessandro, chiesa madre di Castel delle Ripe e poi Castel Durante, quindi Urbania. E in mostra anche la sinopia della “Crocifissione” di Giustino Episcopi (1574). 
  2. Salone d’Onore: destinato anche per le attività culturali della Fondazione “Istituto culturale diocesano” dovuta a D. Corrado Leonardi (1988) e della Associazione Amici della Fondazione. Espone la serie completa dei ritratti e degli stemmi dei vescovi urbaniesi, da Honorato Honorati (1636) a Giovanni Capobianco (1965), oltre quelli di Papa Urbano VIII e del cardinale nipote Francesco Barberini. Sulla parete di fondo: ornato d’altare ligneo dorato (XVI secolo) con Crocifisso scolpito (XVII secolo); sulla parete destra: grande Camino marmoreo fatto erigere dall’abbate commendatario Giambattista Mamiani della Rovere (1603-1627); Crocifisso, piccolo bassorilievo in pietra paleocristiano (III secolo) vasto frammento di affresco proveniente dalla chiesa di S. Chiara, con due quadri: “S. Antonio abbate”, “Adorazione dei Magi” (fine XIV secolo, forse di scuola fabrianese). Nella 2a parete di fondo: “La Maddalena”, olio su tela di G.B. Urbinelli (XVII secolo); pala d’altare “Transito di S. Giuseppe” di pittore urbaniese (XVIII secolo); “S. Michele Arcangelo”, bozzetto olio su tela di Francesco Mancini (c. 1754). Nella parete sin.: “Cassettone” in noce (fine XVII secolo), medaglione in bronzo “Trofeo S. Cristoforo” di Marchesini (1924) e altre piccole tele del pittore urbaniese Ferdinando Spugnini (fine XIX secolo). Notevole il modello in scagliola marmorina della porta di bronzo della chiesa di S. Pietro a Moiano di Benevento, opere di Augusto Ranocchi (1992).
  3. Sala Argenterie: contiene calici, ostensori, turiboli, navicelle, reliquari e cimeli in oro e argento, usciti dalle botteghe degli orafi e ramai della valle superiore del Metauro. Sulle pareti le otto tele delle “Beatitudini”, dipinte da G.F. Ferri e da Pietro Ugolini (1746/50).
  4. Sala Parati Sacri: In allestimento. 
  5. Sala Giustin del Vescovo: contiene gli affreschi dell’Episcopi “Ascensione del Signore” (1558) con l’ornato a paraste a candelabra di stile genghiano, la “Crocifissione” (1574); la sinopia dell’Ascensione e la pala d’altare, olio su tela, raffigurante la “Circoncisione” (fine XVI secolo). 
  6. Sala Cappella Vescovile: dalla sala si accede alla piccola cappella vescovile, squisita fattura del XIX secolo a intagli lignei, con la pala d’altare “Transito di S. Giuseppe” olio su tela di Vincenzo Spisanelli (XVII secolo). Inoltre “S. Giovanni Battista” alla maniera dell’Episcopi, olio su tela di Alfonso Patanazzi (c. 1580) e “Consegna delle chiavi a S. Pietro”, olio su tela del fiammingo Giovanni Scheper (1602). Nella sala sono esposti altri pezzi d’arte, come il bassorilievo in gesso della “Madonna col Bambino e S. Giovannino” da Benedetto da Maiano (inizio XVI secolo); il busto in terracotta di Clemente XI Albani, di maiolicaro urbaniese (XVIII secolo); “Cristo”, scultura lignea mutila (inizio  XVI secolo). Nella sala è in allestimento la mostra dei codici musicali miniati in pergamena e a stampa. Fra essi il “Graduale” e l’”Antifonario” francescani (c. 1250) e le edizioni cinquecentesche ricche di xilografie. 
  7. Sala Manieristi Metaurensi: bozzetto del “Cristo alla colonna” di Federico Zuccari (c. 1605);  “Madonna col Bambino e i Santi Rocco, Agata, Francesco, Carlo Borromeo” firmata e datata da G.G. Pandolfi 1615; “Ecce Homo” e “S. Michele Arcangelo” di Claudio Ridolfi veronese (c. 1636); “I Santi Quattro Coronati” (c. 1625-1630), “Bozzetto di Pala d’altare S. Barbara” (1635). busto di “S. Giovanni Evangelista” (c. 1640), opere dell’urbaniese Domenico Peruzzini; “Annunciazione” (fine XVI secolo) e “Paradiso” (c. 1586) di Giorgio Picchi. La sala raccoglie maioliche di artisti non locali. Notevoli gli splendidi esemplari delle maioliche di Vincenzo Molaroni del 1884. 
  8. Sala dei Ricevimenti: tipico esemplare di decorazione ottocentesca. Numerosissime le tele dipinte a olio. Tra gli altri artisti sono presenti Domenico Peruzzini con la “Visione di Patmos” (c. 1636); G.F. Guerrieri, con il “Ritratto di frate” (c. 1630); scolari carracceschi con “S. Pietro”, “S. Gerolamo” (XVII secolo). Tra i mobili, eleganti esemplari del XVIII-XIX secolo. Tra gli oggetti, una piana da tavolo in scagliola intarsiata e variopinta a pappagalli (XVII secolo); statua lignea della “Immacolata” (inizio XVIII secolo); “Tabernacolo” ottagonale con dipinti (metà XVI secolo). 
  9. Sala delle Madonne: vi è vissuto il Servo di Dio Mons. Domenico Bartolomei (1878-1938)  di cui è in atto il processo di beatificazione. Di fronte all’ingresso, tavola a fondo oro “Madonna col Bambino” di Antonio Alberti da Ferrara (inizio XV secolo); di fianco, pala  d’altare “Madonna del Rosario coi Santi Domenico,  Caterina da Siena, Cristoforo, Caterina d’Alessandria, Benedetto” di Giorgio Picchi (1602); nella parete centrale, “Madonna orante”, tela XVI secolo; ornato per processione scolpito da artista locale della fine del XVII secolo, con tela a olio “Madonna col Bambino” di buona scuola romana (fine XVII secolo); “Madonna portoghese” (XVIII secolo). Nella parete d., pala d’altare “Assunzione della Vergine” di Giorgio Picchi (c. 1590). Di fronte pala d’altare “Madonna del Rosario coi Santi Domenico e Caterina da Siena, Cecilia, Pietro, Filippo Neri, Giuseppe”, di ottima mano baroccesca (1606); “Madonna col Bambino e i Santi Michele Arcangelo e Benedetto Abbate” di pittore ferrarese (1643). Il cero pasquale francescano gustosamente dipinto è del 1770. 
  10. Sale della Ceramica: il museo diocesano è caratterizzato dalla raccolta delle ceramiche di Urbania, iniziando da quelle di Castel delle Ripe (1200-1272) e continuando con quelle di Castel Durante (1272-1636) e di Urbania (1636-1993). Pertanto ciò che è in mostra è esclusiva ceramica prodotta in Urbania o da artisti urbaniesi. La targa bronzea posta sopra l’ingresso ricorda che la maggior parte delle opere sono state donate da D. Corrado Leonardi e le attrezzature dalla Banca Popolare Pesarese e Ravennate.
    1. La prima saletta: è dedicata alla ceramica dei XII e XVI secoli e documenta l’origine dell’arte figulina e dei colori tipici locali: il manganese, la ramina, il blue cangiante. Si segnalano due coppie di brocca e catino, datate 1558; la “Madonna di Loreto” (fine XVI secolo); istoriato “L’incontro di Mosè e Aronne al ritorno dall’Egitto” pezzo del servito di Guidubaldo II, bottega di Orazio Fontana (1565/1571), e il “Piatto da pompa”, compendiario eseguito nel 1570 per il card.Giulio Feltrio della Rovere, fratello di Guidubaldo II.
    2. La seconda saletta: maioliche durantine del XVI-XVII secolo, con esemplari di piatti a decoro prospettico, blue, compendiario, bianco su bianco; boccali del ‘500 con il “gallo durantino” e serie di piatti col trigramma bernardiniano; eccezionali targhe maiolicate da Ippolito Rombaldoni, fra cui la “Madonna della neve” firmata e datata 1670. Una vetrina è dedicata a Tommaso Amantini, di cui il bassorilievo “Madonna col Bambino” (c. 1680) patinato in oro e firmato. Alcuni esemplari sono opera di Giuseppe Bartolucci e di Bernardino Mordioni. Nella parete frontale, pala di altare “Madonna della neve coi santi Marina e Antonio di Padova” attribuita a I. Rombaldoni, datata 1665.
    3. La terza saletta: contiene ceramica urbaniese del ‘700, dove prevale lo stile architettonico del supporto, accompagnato da finissimo decoro. Si segnala un “Bacile” con “Versatore” ornati dello stemma dei conti Leonardi; “Crocifisso” in terraglia; “Anfora biansata” di Antonio Grue (1702) uscita dalla bottega di Martino Doix; la “Via crucis” di Ilario Luzi; il “Vassoio” di G. Bartolucci; la targa dell’”Immacolata” del 1747 della fabbrica Biscioni; la collezione delle acquasantiere. Nella parete di fronte, tela dipinta a olio “Madonna della rosa” di G.A. Lazzarini (1750).
    4. La quarta saletta: è riservata alla maiolica e alla terraglia urbaniese dell’ ‘800. Presenta un’ampia collezione del prodotto della “Fabbrica Albani”, della quale pezzi decorati al terzo fuoco; rari esemplari di coppe traforate fatte dagli “Azionisti Urbania” (1836); la vetrina veneta di Domenico Bernardi che conserva i suoi modelli proposti agli Albani quando nel 1829 venne chiamato da Vicenza come maestro di terraglia.
    5. La quinta saletta: maiolicari del XX secolo. Nella prima vetrina sono in mostra esemplari di ceramica dal 1900 al 1930, prodotti da Annibale Asdrubale e Vincenzo Piccini, Ubaldo Letizia, Achille Wildi; nella seconda opere di Cesare Marchionni, Federico Melis, Isa Casano Melis e allievi, Ceramica Metauro, con opere di Luciano Bassi, e Ceramica Piccolpasso. I nomi da ricordare sono: Anna Maestrini, Maria Rasponi, Luigi Luzi, Piero Cicoli, Raimondo Rossi, Oscar Ducci, Achillea Spaccazocchi, Sante Cancellieri, Adriano Paoli, oltre la vetrina riservata ad Augusto Ranocchi (1956-1993)

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